Con l’inizio della fase 3 c’è stata la riapertura degli aeroporti italiani e delle frontiere europee.
Infatti, con il decreto firmato il 14 giugno dalla Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli e dal Ministro della salute, Roberto Speranza, sono stati riaperti 25 scali su tutto il territorio nazionale.
Tale decreto è valido dal 15 giugno fino al 14 luglio e stabilisce l’apertura degli aeroporti di Alghero, Ancona, Bari, Bergamo-Orio al Serio, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze-Peretola, Genova, Lamezia Terme, Napoli Capodichino, Lampedusa, Palermo, Milano Malpensa, Olbia, Pantelleria, Parma, Pisa, Pescara, Roma Fiumicino, Roma Ciampino, Torino, Venezia Tessera e Verona Villafranca.
Purtroppo è rimasto chiuso l’aeroporto di Milano Linate, uno degli scali più popolari d’Italia. La prolungata chiusura di Linate è probabilmente attribuibile al fatto che La Sea, la società di gestione controllata dal Comune, ha preferito concentrare le attività su Malpensa, che è più grande di Linate. In questo modo la società risparmia sui costi di gestione ma per i passeggeri questo è più scomodo essendo ad esempio lo scalo più lontano dal capoluogo.
A partire dal 15 giugno molti altri Stati membri dell’UE hanno riaperto i confini e ripristinato la circolazione nello spazio Shengen.
L’Unione europea ha riaperto il 1 luglio le frontiere a 15 Paesi extra UE
I Paesi che potranno entrare nell’area Shengen sono: Algeria, Australia, Canada, Cina, Corea del Sud, Georgia, Giappone, Marocco, Montenegro, Nuova Zelanda, Rwanda, Serbia, Thailandia, Tunisia, Uruguay,
Quindi, frontiere aperte anche per la Cina, ma quest’ultima solo a condizione di reciprocità ovvero se eliminerà la quarantena obbligatoria per i cittadini europei.
La lista è però solo una “raccomandazione” e quindi non è vincolante, infatti un Paese può decidere di adottare misure più restrittive e di ridurre il numero di Paesi extra Ue a cui aprire le frontiere. A tal proposito, l’Italia temendo che con la riapertura delle frontiere si possa riattivare la catena dei contagi, ha deciso di mantenere la quarantena obbligatoria per tutti coloro che arrivano da una nazione non Ue, anche se è transitato in un altro Paese interno all’area Schengen. Infatti, il contenuto dell’ordinanza firmata dal ministro della Salute afferma “L’Italia sceglie la linea della prudenza e mantiene in vigore l’isolamento fiduciario e la sorveglianza sanitaria per tutti i cittadini provenienti dai Paesi extra Schengen. La misura si applica nel nostro Paese anche ai cittadini dei Paesi individuati dall’Ue nella lista verde“.
Ad oggi, nulla è invece cambiato per i Paesi europei interni a Shengen, per i quali permane la libera circolazione.
Sono invece esclusi, a causa dell’alto numero di contagi, gli Stati Uniti, la Russia, il Brasile, l’India e Israele. Inoltre, la Gran Bretagna, viene ancora considerata parte dell’Unione Europea fino alla fine del periodo di transizione previsto per la fine del 2020.
L’elenco dei Paesi della “lista verde” verrà aggiornato ogni due settimane in base a criteri epidemiologici e sanitari e alla capacità degli Stati di contenere la diffusione del virus.
In particolare, i criteri attraverso i quali è stata composta la lista sono tre:
- un tasso di nuovi contagi ogni 100 mila persone nelle ultime due settimane non superiore a 16,1 (media europea);
- un trend di nuovi contagi decrescente o non in aumento;
- un indice di «affidabilità» del sistema sanitario di un dato Paese superiore a 57.
Tale punteggio (da 1 a 100) viene stabilito in base ai parametri fissati dall’International Health Regulations dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che misurano la capacità di risposta di una nazione a «emergenze sanitarie pubbliche di rilevanza internazionale». Il voto medio dato all’Unione Europea è proprio 57.
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